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Cosa aspettarsi da Dzeko e Dumfries?

Di Edin Dzeko sappiamo tutto. Un attaccante eccezionale, un’esperienza sviluppata vincendo in Germania e in Inghilterra, per poi dedicarsi per sei anni alla causa romanista – cui ha portato in dose quasi duecento gol e due semifinali europee, oltre a degli amari secondi posti in campionato.
Il suo bagaglio di gioco spalle alla porta, la sua visione periferica e la capacità di fare spesso la giocata giusta sono sotto gli occhi di tutti – e rappresentavano il motivo è stato accostato all’Inter da almeno 4 anni.
L’unico dubbio che può portarsi dietro un giocatore del calibro di Dzeko è legato proprio alla continuità fisica: nell’ultima fase della sua carriera, il nuovo 9 dell’Inter potrà garantire a Inzaghi almeno 25 partite di altissimo livello in stagione?
Hakan Calhanoglu è invece un giocatore diverso, talentuoso e lunatico. Dopo anni di mediocrità milanista, è esploso grazie al calcio iper-verticale e veloce di Pioli.
Come un atomo impazzito nel caos, Calhanoglu ha trovato riferimenti e geometrie e ha iniziato a sfornare assist e giocate per i compagni. Non è un regista basso, non è un trequartista. È un giocatore che si muove negli spazi, che aumenta i ritmi di gioco e guarda sempre verso la porta. La prima esperienza nel 3-5-2 di Montella è stata drammatica, perché a lui veniva chiesto di costruire gioco e quello non è il suo mestiere. Inzaghi ha sempre dimostrato di saper valorizzare il talento dei singoli e costruirci attorno delle architetture sostenibili. 
Calha sembra essersi calato bene nell’altra metà del Naviglio, anche se ha già dimostrato di poter vivere giornate agli estremi: 3 assist e un gol con il Crotone, poca precisione e ritmo con la Dinamo Kiev. In entrambi i casi, nei calci da fermo ha dato prova di essere quanto di più vicino a Christian Eriksen ci fosse sul mercato.
E se nell’Inter trovasse il suo posto nel 3-5-1-1, invertendosi di posizione con Sensi?
Che tipo di giocatore è Dumfries?
Diciamoci la verità. Dumfries giocherà, almeno per i primi mesi dell’anno, con un’ombra gigantesca alle spalle. Il fantasma di Hakimi si aleggerà per San Siro, rendendo tutti consapevoli che un giocatore del genere non si può replicare. Quindi, com’è la vita dopo Achraf?
Grazie a SoccerMent, possiamo giocare un po’ e paragonare l’ultima stagione di Hakimi a quella di Dumfries. È un esercizio di stile, perché sappiamo perfettamente che le statistiche non rappresentano una scienza esatta nel calcio, ma le differenze tra i due giocatori possono evidenziare che cosa può aspettarsi da lui Inzaghi – che, ricordiamolo, ha sempre giocato con due esterni peculiari nel suo calcio. Uno molto fisico, che si butta negli spazi e sfrutta il “lato debole”, e l’altro di corsa, dedito al cross e ad un compito di impostazione.
Un aspetto che non rientra nelle statistiche è la capacità di Dumfries di essere un leader: capitano del PSV dopo solo un anno a Eindhoven, è stato capace di affermarsi come uno dei cardini dello spogliatoio. Questa caratteristica dell’olandese è forse il miglior biglietto da visita in un’estate travagliata come quella interista: un giocatore che ha scelto l’Inter e si è presentato dicendo: “Sono affamato, Inter facciamolo di nuovo”.
L’ultima precisazione prima di cominciare è che Dumfries, in Olanda, ha sempre avuto allenatori peculiari: da Mark Van Bommel – che lo faceva giocare praticamente da ala, con i due centrali che si adoperavano in fase di impostazione insieme al centrale di centrocampo – a Roger Schmidt, tecnico tedesco che ha portato all’estremo il concetto di calcio verticale. Schimdt, fra l’altro, è lo stesso tecnico con cui Calhanoglu è esploso al Bayer Leverkusen.
Questa prima schermata dà un’idea complessiva dei due profili. Hakimi e Dumfries condividono la propensione per il gioco d’attacco, pur declinandolo in maniera diversa. Dumfries, nell’ultima stagione, ha registrato 3 gol e 9 assist, lontani dal rendimento senza senso di Hakimi in Serie A, dove ha registrato una quasi doppia-doppia di gol e assist. Al di là dei numeri, la principale differenza nell’interpretazione tra i due sta nella conduzione di palla: dove la classe e il talento di Hakimi lo rendono il migliore al mondo nel ruolo. Dumfries, invece, preferisce attivarsi negli ultimi metri di campo, sfruttando la sua esuberanza fisica per bruciare gli avversari in velocità.
Dumfries compensa la sua tecnica piuttosto grezza con l’irruenza fisica di un giocatore alto quasi 10 cm in più di Hakimi, cui aggiunge un’impressionante capacità verticale. Il suo taglio sul secondo palo può rappresentare un’arma interessante per Inzaghi, visto che Dumfries è finalizzatore sopra la media sia con i piedi sia di testa.
Da questo spaccato, relativo sempre alla stagione 2020/21, si possono dedurre altre caratteristiche di Dumfries – un giocatore che non ama crossare moltissimo, e lo fa per lo più di prima, ma che viene utilizzato per l’appunto come arma in area di rigore (e qui i cross di un piede raffinato come quello di Dimarco potrebbero fare tutta la differenza del mondo).
Dumfries è un giocatore coerente con l’idea tattica che sta sviluppando Inzaghi, anche se le prime partite da esterno a tutta fascia le ha giocate all’Europeo con la sgangherata truppa di Frank De Boer, risultato spesso uno dei migliori in campo.
L’articolo di presentazione de L’Ultimo Uomo, che vi abbiamo linkato prima, suggeriva anche un utilizzo particolare di Dumfries, in fase di prima impostazione, à la Milinkovic Savic proprio nella Lazio di Inzaghi: un giocatore che catalizza i lanci lunghi, per poi smistarli di testa. Una fonte alternativa alla ricezione spalle alla porta di Dzeko, che possa aiutare la squadra a respirare quando il pressing avversario si fa asfissiante e la costruzione dal basso risulta farraginosa.
Per quanto riguarda la fase difensiva, come per Hakimi questo rappresenta abbastanza un’incognita. Dumfries è un ottimo difensore nell’uno contro uno, ma in Serie A sappiamo quanto molto si basi sul sistema e sulle scelte nelle singole situazioni. Dumfries ha dato dimostrazione di saper avere delle ottime letture o di sbagliare scelta, soprattutto durante l’ultimo Europeo.
Starà a Inzaghi, e alla catena composta da Barella e Skriniar, aiutare l’olandese a immergersi completamente nel nuovo sistema, senza rischiare di lasciare dei buchi sanguinosi per le ripartenze avversarie… che Dumfries potrebbe comunque essere in grado di coprire con delle transizioni negative grazie alla sua velocità, ma come dicono quelli bravi prevenire è meglio che curare. E l’Inter dell’anno scorso ha dimostrato quanto fosse importante non prendere il primo gol, per poi costruire il proprio vantaggio.

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