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Buona lettura!
Mancano nove partite alla fine, quarantaquattro giorni. In questo lasso di tempo, presumibilmente un po’ meno, la stagione dell’Inter imboccherà l’ultima curva. Inutile girarci attorno: la vittoria strappata al Sassuolo ha sancito un altro passo ancora della squadra in quella direzione che manca ormai da undici anni, un’eternità. Vincere lo Scudetto sarebbe qualcosa di leggendario, farlo al termine di un’annata assurda, piena di incognite e di insidie, avrebbe un valore immenso.
Fa sorridere ripensare alle gare contro Bologna e Sassuolo del girone di ritorno scorso, quello giocato in piena estate. Ci abbiamo ripensato anche durante l’ultimo episodio de L’Orologio: in quei 180’, l’Inter ha abbandonato le risibili speranze di inseguimento della Juve. Questo grazie a un harakiri completo, spettacolare: dalla rimonta subita dagli uomini di Sinisa alla sagra dell’errore contro De Zerbi, due risultati stortissimi che hanno compromesso le speranze di Conte. Quest’anno, due vittoria agguantate con la forza del gruppo e lo spirito di sacrificio di tutti possono aver sancito lo sprint decisivo verso un qualcosa di… Spumeggiante.
Chiariamoci, parlare di Scudetto non è più tabù. I giocatori ne parlano, Conte flirta con quella parola che si tiene nel petto da un anno e mezzo. Perché il campionato era un obiettivo anche l’anno scorso, nonostante tutto. Questa stagione è iniziata male, come peggio non si poteva: nel tentativo di cambiare pelle, l’Inter ha perso il treno Champions e stava rischiando di perdere anche quello del campionato. Poi Conte ha cambiato, ma soprattutto ha capito meglio alcuni meccanismi, alcuni giocatori. Semplicemente, il gruppo è cresciuto e ha raggiunto una nuova maturità che – fino a ora – si è mostrata in campo ad ogni partita.
Dieci vittorie su dieci nel girone di ritorno era un risultato mai visto prima, con tanti saluti alla crisi di primavera dell’Inter, fino a qualche anno fa. Conte non fa mai giocare una partita uguale all’altra, alla sua squadra. Muove le pedine, cambia le posizioni, esalta i singoli. E regala a ogni partita alcune azioni da manuale del calcio: dal gol con il Milan a quello con il Bologna, per concludere con il tanto bistrattato gol al Sassuolo. Tutti esempi di uso degli spazi, tutta farina ideologica del calcio contiano.
Con buona pace del bel calcio.
La polemica sul difensivismo di Conte fa sorridere. L’Inter continua ad avere il miglior attacco del campionato (68 reti, come l’Atalanta) e la seconda miglior difesa (27), con un solo gol in più preso rispetto alla Juventus. E soprattutto, vi ricordate la partita con lo Shaktar? L’Inter in quell’occasione fece ventuno tiri in porta. Ventuno. Il risultato è inutile che ve lo ricordi. Nel calcio non si vince solo tirando verso la porta dell’avversario da qualsiasi posizione, ma devi avere un’idea e una strategia chiara.
Anche la difesa va esercitata nel modo corretto, per funzionare: siamo arrivati a un livello tale di dettaglio che il semplice PULLMAN non basta più per sfangarla, non sistematicamente. Una difesa che chiude gli spazi all’avversario e gli concede solo quel che vuole (leggasi: passaggi in orizzontale sulla trequarti, baricentro altissimo, sfogo sulle fasce… De Zerbi) è un’ottima difesa, che può azionare al meglio un attacco di velocisti e funamboli.
Tutto questo per dire che Conte sa come far male ai suoi colleghi e, sistematicamente, riesce a mettere alla berlina più di un filosofo. La sua passione, l’entusiasmo con cui corre verso Oriali o cazzia un suo giocatore sono l’emblema di questa stagione – che poteva anche non essere mai concepita, stando agli insider di Villa Bellini.
Invece ci siamo e – dopo tante parole – ci siamo avvicinati al rettilineo finale. Quello in cui si decide il finale del thriller. E adesso l’Inter è in una posizione scomoda. Perché fa la corsa su se stessa, ancora una volta. E perché non può ancora alzare le braccia al cielo. Si è guadagnata un vantaggio discreto e si potrebbe addirittura azzardare un “il più è fatto”. Ma la barca va portata in porto e lo Scudetto non arriverà per diritto. Bisognerà conquistarlo, mordere il freno della pazienza e non perdere la concentrazione. L’ultimo miglio è il più complicato, perché le energie nervose vanno verso la riserva e quelle fisiche sono un’incognita.
Cosa fare, quindi, quando manca ancora un po’? L’Inter e il suo popolo non devono perdere di vista il loro cammino: una partita alla volta. Conte, al di là delle tattiche, al di là della tecnica, dovrà essere bravo a giocare sulla testa dei suoi ragazzi. Non c’è bisogno di caricare un gruppo che si sta avvicinando a un risultato storico. Anzi, dovrà incanalare questa passione e dosarla, farla vivere a poco a poco per evitare che divampi alla prima partita storta. Perché sappiamo che nella strada verso lo Scudetto, potranno esserci anche ostacoli che sembrano insormontabili – come già se ne sono incontrati durante questa stagione. La forza di questa squadra è stata quella di riuscire sempre a ripartire. Perché manca ancora un po’, sì. Ma manca da troppo tempo.