La sosta delle Nazionali regala sempre degli spunti interessanti da analizzare, specialmente se si parla di giocatori che paiono avere un rendimento diverso fra club e proprio Paese. È il caso di Ivan Perišić che con la maglia nerazzurra appare essere in difficoltà, mentre con la Croazia regala prestazioni sempre al di sopra della sufficienza facendo le cose che i tifosi nerazzurri si aspetterebbero da lui anche in campionato. Com’è possibile ciò? È la maglia a scacchi croata a regalargli dei superpoteri? Ovviamente no, la situazione è da ricondurre alla posizione in campo occupata dal croato e al suo modo di interpretarla con le due diverse maglie.
A una prima lettura la differenza parrebbe non esserci perché in ambo le formazioni ricopre il ruolo di esterno a sinistra, ma la reale differenza sta nei compiti che deve assolvere, specialmente in fase offensiva. Ci vengono in soccorso i dati statistici messi a disposizione da Opta che raccoglie i tocchi di palla dell’ex Wolfsburg nelle cosiddette heat map e qui si vede già una prima differenza. La prima ci mostra quella della sua ultima gara di Serie A contro l’Atalanta: pochi tocchi in generale, molti dei quali avvengono negli ultimi 16 metri di campo, verso la bandierina e un’altrettanta buona parte attorno ai 20 metri, ma in zona centrale. Un giocatore con delle doti atletiche eccelse, fuori dal comune, come lui, ma con doti tecniche non pari messo in una condizione di campo simile a difesa quasi sempre schierata viene praticamente inibito e tende a uscire dalla manovra offensivo del club nerazzurro.
La controprova si può vedere nella seconda e la terza immagine, quelle relative rispettivamente agli ultimi due match contro Spagna e Inghilterra. Le due mappe sono praticamente identiche fra di loro e con delle costanti ben precise: i tocchi di palla sono praticamente divisi in tre zone del campo, il vertice della propria area di rigore, la metà campo quasi al limitare con la linea del fallo laterale e il vertice dell’area di rigore avversaria in cui penetra tagliando dal lato debole e ricevendo in velocità. Queste sono zone di terreno decisamente più adatte a un atleta come lui perché ha tanto spazio a disposizione per mettere in moto le sue lunghe leve e prendere velocità per distaccare in progressione il marcatore.
In nerazzurro, dunque, il suo compito principale è quello di fornire appoggio a Icardi nella zona centrale del campo consentendo alla manovra lo sfogo sull’esterno attraverso le sovrapposizioni dei terzini che possono usare lo spazio lasciato da Perišić in quella zona di campo perché, a prescindere dalla brutta prestazione collettiva contro l’Atalanta, la posizione in campo del croato è praticamente sempre la medesima.
L’esempio lampante è il paragone fra l’attacco a Sergi Roberto nel doppio scontro con il Barcellona e lo scontro di questa sosta che sta terminando: con la maglia dell’Inter non ha mai trovato con continuità il campo sufficiente per puntare il laterale adattato del Barça facendolo solo a tratti nella seconda sfida e creando i veri problemi alla squadra di Valverde; nella sfida vinta 3-2 dalla Croazia questo è accaduto con una regolarità spaventosa tanto che Luis Enrique ha poi dovuto adattare la propria difesa a una tre per arginare le avanzate di Perišić.
Interessante è anche il coinvolgimento nel gioco dell’esterno e il dove viene cercato: analizzando il grafico delle posizioni e della rete di passaggi messo a disposizione da 11tegen11 si nota immediatamente quanto spiegato sinora attraverso le heat map: Perišić viene cercato principalmente da Brozović, ma viene fatto in una posizione di campo molto centrale il che consente ad Asamoah nella fattispecie di avere tantissimo spazio da poter attaccare in prima persona, ma con la maglia della Croazia Brozo e Ivan non si cercano praticamente mai lasciando l’onere del dialogo con il 44 nerazzurro a Rakitić, Kalinić e soprattutto Jedvaj che lavora quasi in verticale con Perišić dato che si trova molto largo già in partenza e molte volte già con il corpo rivolto verso la porta avversaria pronto a puntare l’avversario di turno.
Quello di Ivan non è dunque un problema di condizione, o almeno non esclusivamente, non è un problema di debolezza mentale o di mancanza di concentrazione, è essenzialmente derivato dalle modalità con cui deve assolvere ai suoi compiti con la maglia dell’Inter che lo rendono fondamentale a livello di equilibrio della squadra in campo, ma lo inibiscono in quelle che sono le manovre offensive, specialmente adesso che l’Inter è passata definitivamente al 433 e il campo davanti al croato è diminuito ulteriormente. Starà a Spalletti capire come e se restituirgli pericolosità offensiva sulla scia, magari, di quello che è il suo rendimento con la maglia croata.
Le altre opzioni
In una delle conferenze stampa di inizio stagione, Spalletti ha proposto una lettura particolare del gioco di Perišić, secondo lui più decisivo quando gioca vicino alla porta. Da quel momento in poi, si è visto un’evoluzione nel gioco del croato vice-campione del mondo che lo ha portato a un rendimento altalenante e a un periodo di magra in zona gol. L’anno scorso, alla , aveva segnato quattro gol e regalato cinque assist. Ad oggi, le cifre sono più modeste: due gol (nelle prime tre giornate di campionato) e due assist, un’ulteriore testimonianza di come il suo apporto sia stato inferiore alle aspettative, per certi versi sopperito dal grandissimo lavoro del gruppo di Spalletti. Il tecnico interista a poco a poco ha trasformato la squadra cercando di sistemarne le criticità: il 4-3-3 visto nelle ultime uscite andava nella direzione di un maggior controllo sulla partita. Al di là del modulo, il messaggio di Spalletti è stato chiaro: l’Inter deve provare a giocare il pallone, coinvolgendo l’undici in campo e risalendo il campo in maniera ragionata. Con il terzino sinistro spesso bloccato (come contro il Milan, ad esempio) Perišić ha più spazio per guadagnare campo e attivarsi al momento giusto.
Chi ci ascolta sa che L’Orologio a più riprese ha proposto uno schieramento bizzarro, che spariglierebbe le carte sul tavolo e verrebbe incontro al momento in cui Lautaro Martinez e Mauro Icardi potrebbero iniziare a co-esistere su di un campo di calcio, dal primo minuto. Sappiamo perfettamente quanto sia indigesto lo schieramento con la difesa a 3 alla Milano nerazzurro, ma il tempo ci ha insegnato che a volte è necessario evolversi e accettare un’implementazione tattica lontana dal proprio credo per rigenerarsi e alimentare il fuoco della vittoria. In questo caso, un 3-4-1-2 potrebbe essere l’arma tattica con cui Spalletti può ridisegnare l’Inter senza rischiare di snaturarla oltremodo: l’idea alla base è mantenere intatto il triangolo di costruzione a centrocampo (che vedrebbe confermato il terzetto Brozovic, Vecino e Nainggolan) alle spalle di Icardi e Lautaro, per l’appunto. Skriniar e De Vrij sarebbero le granitiche certezze su cui si basa la retroguardia nerazzurra: ricordiamo che durante tutta la pre-season (e a tratti durante la stagione in corso, ad esempio nel primo tempo contro il Torino) l’Inter ha utilizzato spesso l’escamotage della difesa a 3 e mezzo, quando un terzino saliva e i tre difensori rimasti si disponevano meglio, come fosse per l’appunto uno schieramento a tre, per coprire meglio il campo ed evitare ripartenze. D’Ambrosio ha dimostrato di essere un valido difensore sull’uomo e, a parte qualche saltuaria pecca di letture, può riadattarsi alla rotazione dei centrali. Le fasce sarebbero a trazione croata: Vrsaljko ha dimostrato di saper giocare a tutta fascia così come – seguendo il ragionamento incominciato poc’anzi – potrebbe fare Ivan Perišić. La sua gamba, il suo spirito di sacrifico e la mole di gioco a cui deve partecipare per entrare in ritmo potrebbe essere ideale per ritrovare la condizione mentale perduta, quella per cui gli bastava toccare pochi palloni per essere decisivo. In questo momento storico, a Perišić non basta tagliare dietro la difesa o muoversi senza palla per sentirsi dentro la partita. Ha bisogno di toccare di più il pallone, anche in zone meno nevralgiche del campo. Una delle caratteristiche che lo hanno portato all’Inter, e che a San Siro l’hanno fatto diventare uno dei più acclamati, è la sua capacità di creare un’azione pericolosa dal nulla, sulla fascia. Bastava avere qualche metro di campo davanti a sé per far valere le sue leve da quattrocentista e sgasare sul fondo, per un cross o un dribbling a rientrare. Il lavoro in fase difensiva sarebbe maggiore, ma Perišić è nel prime della sua carriera. Se non adesso, quando?
Ogni calciatore è un “piccolo mondo”.
Spalletti è bravo a entrare nella testa di molti. Probabilmente con Perisic non ha ancora trovato il passepartout.
😉😉😉
confermo come buona la proposta di evoluzione di gioco con la difesa a tre. L’inter vista nel primo tempo contro il Torino , schierata con la difesa a tre , è stata a mio modo di vedere , la più bella inter della stagione.
imbarazzante era vedere con quale facilicità sono andati al goal padroni assoluti del campo.
poi non so nel secondo tempo cosa possa essere successo, certo non imputabile alla difesa a tre.