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“Il mister mi ha aiutato tanto, ero più spirito libero. Con Conte sono più ordinato, scelgo i momenti. In campo studio molto, gioco con grandi campioni e cerco di fare mia ogni caratteristica positiva dei miei compagni”.
Con queste parole in una delle sue ultime interviste rilasciata a DAZN, Nicolò Barella ha commentato il suo miglioramento, quasi esponenziale, rispetto al suo arrivo a Milano, che aveva destato non poche perplessità per i costi dell’operazione. Il centrocampista ex Cagliari ha riconosciuto i meriti della sua crescita assegnandoli al lavoro di Antonio Conte, ma la realtà dei fatti è che buonissima parte della sua evoluzione dipende dal modo di approcciare i weekend di gara e le settimane di allenamento da parte del centrocampista adesso perno non solo dei nerazzurri, ma anche della Nazionale.
Un percorso lungo e non lineare, nonostante il risultato finale sia di quelli più felici del progetto Inter da molti anni a questa parte.
L’anno scorso l’inizio non è stato affatto dei più semplici: due titolarità nelle prime sei gare, due nelle prime sette se si aggiunge la gara di Champions contro lo Slavia in cui esordì col gol e che poi segnò il punto di svolta nel suo percorso in nerazzurro. Sino a quel momento Sensi aveva rubato maggiormente l’occhio vista la facilità di adattamento al modulo di Conte e al modo giocare di questa squadra, Barella – vittima anche del cartellino pesante – era spesso inserito all’interno di discorsi dualistici fra chi continuava ad aver fiducia nel ragazzo e chi iniziava già a storcere il naso.
Già, la presenza di Sensi.
Questa inficiava e non poco sul modo di giocare dell’ex Cagliari. Adesso si ha una visione di Barella come uomo più coinvolto nella fase offensiva, ma all’inizio – nel derby vinto 2-0, la sua prima da titolare – giocava al fianco di Brozovic facilitando l’uscita del pallone della difesa con qualche libertà di svagare, ma sempre imbrigliato nei dettami contiani. Poi però sono arrivati i primi segnali di cedimento di Sensi e allora Conte ha liberato dalla posizione in mediana Barella al fine di renderlo il suo jolly d’attacco.
E la sua svolta è servita.
Spiace collegare un evento negativo come l’infortunio di un compagno di squadra a evento di lancio definitivo della propria carriera, ma per Barella è stato effettivamente così: dal giocare il 90% dei propri palloni dietro la linea di metà campo, è passato all’estremo opposto giocando la maggior parte del tempo nella metà campo avversaria, prevalentemente sull’out di destra.
Ed è qui che arriva la seconda svolta.
Passare da Candreva ad Hakimi sicuramente è stato un passo in avanti per Barella che da essere il centro delle attenzioni di molti difensori ed esterni, ha dovuto condividere queste attenzioni con il compagno di fascia con il quale adesso duetta a meraviglia.
I due si cercano con costanza quasi certosina all’interno dei dettami maniacali di Conte, in due toccano quasi il 25% dei palloni dell’Inter diventando il centro nevralgico della squadra, il vero motore propulsore della fase offensiva: 9 gol e 7 assist in due, con Barella nonostante un comprensibile calo fisico ad oggi ha collezionato 3 gol e 3 assist, con una media voto di quasi 6.5 nell’arco di 27 gare, dietro solamente a De Paul e Kessié (a parità di partite giocate).
La più grande vittoria di Conte e del management nerazzurro che non si è fatto prendere dall’ansia di prestazione del gioiellino cresciuto nel Cagliari dandogli il tempo di maturare e prendere confidenza con il gioco del nuovo allenatore di cui lui adesso è a tutti gli effetti un fido scudiero.
Barella si è preso l’Inter e la Nazionale con il lavoro e con la fiducia nei propri mezzi, ma a 24 anni il futuro è sicuramente dalla sua: serve soltanto continuare a lavorare come sta già facendo.
E magari nel futuro una fascia lo attende, intanto lui è a tutti gli effetti uno dei top player di questa squadra. E i tifosi se lo coccolano.