Tre punti, aggancio al secondo posto in classifica e vittoria per 3-1. Detta così sembrerebbe essere stata una gara in carrozza quella dell’Inter contro il Torino, ma che ve lo diciamo a fare. Le gare dell’Inter – con relativi mugugni e critiche – iniziano sempre sessanta minuti prima del calcio di inizio alla lettura della formazione. Questa volta a destare nuovamente dal torpore alcune componenti della tifoseria è la doppia panchina di Skriniar ed Eriksen a cui vengono preferiti Godin e Borja Valero nel 352 di Conte contro una squadra che si schiera praticamente a specchio, esattamente come il Verona con due esterni sul lato sinistro del campo a cercare di prendere di infilata il terzo di quella parte di difesa.
SPEECHLESS – In realtà il Torino non crea granché nonostante la presenza di Aina e Ansaldi a voler replicare Lazovic e Dimarco, anzi l’Inter avendo schierato su quel lato D’Ambrosio e Godin non solo contiene le poche avanzate, ma lascia molto bassi i pari ruolo del Torino grazie anche a una solidissima prestazione dell’ex Atletico in fase di accompagnamento della manovra: è il terzo giocatore per passaggi tentati con i piedi all’interno della metà campo offensiva – sintomatico del baricentro altissimo dell’Inter -, conclude con una posizione media con i piedi sulla linea della metà campo, più alto di Bastoni per dare un senso alla cosa, e nel primo tempo tocca più di due terzi dei suoi palloni in costante proiezione offensiva. È vero, l’Inter nei primi quarantacinque minuti fa la gara che si attendono tutti, ma con l’assenza di Lukaku e le difficoltà nel concludere la manovra non riesce a rendersi quasi mai pericolosa. Il Torino non è da meglio: fino al gol del vantaggio tocca 10 palloni in 16 minuti nella metà campo offensiva dell’Inter, ma essendo i nerazzurri l’avversario basta loro per trovare il gol al dodicesimo pallone toccato grazie a una cosa di Handanovic che non perdiamo nemmeno tempo a descrivere perché ineffabile più del paradiso dantesco, ma in senso diametralmente opposto. E così, negli ultimi 197 minuti disputati ha concesso due errori che hanno portato direttamente al gol: quello di Gagliardini contro il Bologna e quello di Handanovic. Una volta ogni poco meno di 100′ l’avversario dell’Inter saprà che avrà un regalo da parte dei giocatori nerazzurri e questa volta a scartare il presente è Belotti.
LA REAZIONE CHE NON TI ASPETTI, MA CHE SPERI – Il primo tempo è un lento logorio verso il duplice fischio, ma alla ripresa del match si intravvede una scintilla lungamente attesa. Nessun cambio tattico, nessuna manovra di aggiramento di Conte anche perché – con tutto quello che gli si può dire – i nerazzurri avevano giocato molto meglio di un avversario inconsapevolmente in vantaggio a San Siro. Nei primi 15 minuti del secondo tempo l’Inter trova con più continuità le fasce e riesce a far entrare nel vivo della manovra Sanchez e Young. È bastato tanto per mettere alle corde il Torino e farlo capitolare nel giro di 140 secondi. E il modo in cui i gol sono arrivati sono esattamente quello che predica Conte e che abbiamo visto fare all’Inter dall’agosto scorso. Il primo gol è l’esempio perfetto della nuova e migliorata divisione dell’area di rigore da parte dell’Inter: Brozovic crossa dalla trequarti velocemente senza cincischiare e trova Lautaro sul secondo palo che fa la sponda; Young gli è vicino, Gagliardini è in mezzo all’area piccola e Sanchez è sul palo opposto. La difesa del Toro è posizionata malamente perché presa d’infilata dal traversone e Young continua a segnare come un attaccante.
Poi però arriva il capolavoro e la rivincita di tutti i corner corti buttati al vento. Con sei tocchi, Sanchez, passando per Brozovic, chiude un triangolo con Young e questo consente di avere non uno, non due, non tre, ma cinque giocatori dell’Inter da soli davanti a Sirigu a cui Sanchez può servire l’assist. Incidentalmente è Godin che trova il gol più importante del post-lockdown, mettendo la ciliegina sulla torta di una gara encomiabile. Menzione d’onore, di nuovo, per Sanchez: due assist su tre gol dell’Inter. Il crowdfunding per il riscatto lo organizziamo noi, se volete.
FINALMENTE, TORO! – Inciso doveroso: Lautaro ha sempre giocato bene nella manovra, peccando di egoismo perché desideroso e bramoso di segnare peccando alle volte di lucidità, come nel primo tempo. Ma Sanchez e un pizzico di fortuna lo assistono quando al minuto 60 e secondi 18 trova il suo tanto atteso gol. La ripartenza è fulminea e ci sono 4 giocatori nerazzurri negli ultimi 20 metri: importantissimo il taglio esterno di D’Ambrosio che genera un movimento di Bremer ad allargarsi di quel poco che concede a Lautaro di trovare il tiro e incidentalmente la sua deviazione che manda fuori causa Sirigu per il 3-1 finale.
ERIKSEN – Arriviamo al punto più atteso. Posto che ci sono visioni diverse sulla sua gestione da parte di Conte e che i messaggi che si leggono dall’esterno sono diversi da quelli che in realtà si vogliono dare – basti pensare a quanto accadde nel post di Parma-Inter con Spalletti un anno fa -, quello che fa vedere Eriksen nei pochi minuti a disposizione è qualcosa di qualità eccelsa che non possono che placare i dubbi sulla sua bontà e sulla sua integrazione nel progetto: un tiro parato da Sirigu a negargli il gol e un assist che viene scalpellato ignominiosamente sotto porta da Gagliardini sintomatico di come comunque le idee ci siano, ma che scarseggino gli interpreti in determinati ruoli.
L’Inter con il patema d’animo consueto aggancia la Lazio e si riporta al secondo posto. Da qui adesso bisogna ripartire consci che le prossime due trasferte in fila contro SPAL e Roma diranno molto sul finale della stagione e potranno essere ancora più utili per fare la scrematura della rosa che sta portando in atto Conte in vista del secondo anno del suo progetto triennale.
Piccola nota amara: Borja Valero sarebbe stato più bello averlo nel pieno della sua maturazione calcistica e non in questa fase in cui la condizione fisica diventa determinante. Come completamento di un reparto come il centrocampo sarebbe l’ideale, ma davanti a lui dovrebbero esserci interpreti migliori di lui.