La gara contro il Sassuolo ha improvvisamente riaperto il dibattito interno ai tifosi nerazzurri circa la bontà della squadra di Spalletti generando molteplici punti di discussione tattici i quali – non sempre – sono veritieri. Contro la squadra di De Zerbi ci sono state delle pecche evidenti e in questa consueta analisi proveremo a farne il punto per verificare cosa è andato bene e cosa no in una gara che, comunque, si preannunciava complicata sin dal pre-partita.
L’Inter per la prima del 2019 torna a giocare con un centrocampo a 3, ma questa volta si è lasciato in panchina il secondo uomo di qualità – Borja Valero e Nainggolan – per preferire la fisicità e il dinamismo di Vecino in un centrocampo molto più simile a quello di inizio stagione. Questo, come immediata conseguenza ha avuto lo spostamento di João Mario sul versante sinistro del centrocampo modificando i meccanismi ben oleati del portoghese con Politano e D’Ambrosio. Questa è stata, specialmente nel primo tempo, una pecca e un problema per l’uscita palla dei nerazzurri che non riuscivano mai a trovare lo spazio necessario grazie anche a una disposizione del Sassuolo che vedeva Berardi e Djuricic arretrare in linea con Sensi e Duncan e Locatelli avanzare sulla trequarti posizionandosi ai lati di Brozovic pronti a pressare il croato impedendogli un giro palla facile che, complice il poco movimento di Vecino e João Mario rendeva stantia la manovra nerazzurra sin dai primi metri.
Il secondo grande problema della gara contro il Sassuolo, scaturito dalla presenza di Vecino – evidentemente in ritardo di condizione rispetto a coloro i quali hanno giocato più recentemente – è stato il deficit di efficienza del pressing alto nerazzurro. Se sulla sinistra João Mario era già alto perché, come di consueto, scambia la posizione con Perisic per consentire al croato di tornare a centrocampo e fungere da sentinella sui lanci lunghi potendo colpire di testa, Vecino era molto più indietro di quanto richiesto da Spalletti e in quella zona di gioco il Sassuolo ha sempre provato a uscire dal pressing nerazzurro avendo moltissimo campo per giocare la palla e saltare la prima linea di pressione capovolgendo, anche abbastanza velocemente la manovra: il movimento a salire in ritardo di Vecino, ha dato a Lirola quasi sempre lo spazio per trovare o la propria mezz’ala di parte o Sensi posizionato fronte alla porta e in grado di verticalizzare velocemente il gioco. Questa cosa è stata confermata poi anche da Locatelli nel post-partita: “De Zerbi ci ha chiesto di non snaturarci a San Siro e noi abbiamo sempre a muovere la palla dal basso cercando le zone lasciate libere dall’Inter“.
Questa difficoltà in pressing e, più in generale, il problema relativo alla mancanza di dinamismo dei nerazzurri, è stato il refrain di quasi tutta la gara: o la prima linea di pressing dell’Inter veniva saltata, oppure una volta recuperata la palla non si riusciva a trovare uno sbocco interessante alla manovra sprecando così la transizione per rifugiarsi fra i piedi di Brozovic.
Nelle prime fasi dopo l’intervallo questo problema sembrava essere risolto e infatti l’Inter aveva preso più campo con João Mario, sebbene ancora a sinistra, più nel vivo del gioco. Tutto questo però termina con l’ingresso di Nainggolan in suo luogo.
Per chiarire: Nainggolan doveva entrare, ma non al posto del portoghese che era il solo a dare dinamismo alla mediana e trovare qualche varco interessante, non sempre ben coadiuvato da Asamoah e Perisic.
L’ingresso del belga ha portato come conseguenza immediata il passaggio al 4-2-3-1 che ha avuto due immediate ripercussioni: il Sassuolo ha preso in mano il centrocampo e ha impedito con più facilità ai nerazzurri di usare la zona centrale della trequarti grazie alla superiorità numerica e sempre al poco dinamismo della mediana nerazzurra. La conseguenza immediata è stata visibile nelle zone di gioco di Nainggolan: il belga ha dovuto sempre girare a largo dalla zona pericolosa del campo per combinare con Politano e generare quel triangolo tanto pericoloso sulla destra che sabato non si è quasi mai visto.
Il Sassuolo si è ben aggiustato e il non aver dato qualità alla manovra prima ha costretto Spalletti a utilizzare l’ultimo cambio per inserire Borja Valero invece di dare spazio a un giocatore con caratteristiche più offensive. In definitiva è stato tolto João Mario per rimettere il giocatore più simile a lui nel serrate finale: un errore di valutazione che si deve posizionare ancor prima rispetto all’annoso – e stucchevole – discorso sulle due punte. Due punte non vuol dire fare più occasioni da gol, specialmente se una delle due è abulico a livello di gioco come Icardi sabato sera – clamoroso passo indietro rispetto alle ultime uscite stagionali -, ma vuol dire sicuramente più occasioni concesse come dimostra il fatto che il Sassuolo dall’ingresso in campo di Lautaro, con un’Inter sbilanciata ha toccato 10 palloni negli ultimi 20 metri di cui 6 in area di rigore, mentre i nerazzurri ne hanno toccati solo 7.
Chi ci legge lo sa da luglio come la pensiamo – e su queste pagine trovate le prove grafiche -, ma il vero problema della gara contro il Sassuolo non è stato l’assenza delle due punte, bensì una composizione del centrocampo che non ha consentito di generare un pressing armonico lasciando troppo spazio agli inserimenti delle mezze ali di De Zerbi che hanno superato di gran lunga per rendimento e pericolosità i pari ruolo nerazzurri come dimostrano anche i dati relativi agli xG e xA dei soli centrocampisti: i nerazzurri si fermano a 0.16 xG e 0.14 xA, mentre quelli del Sassuolo hanno generato 0.28 xG e 0.58 xA con il solo Locatelli che ha generato 0.71 xG+xA, più del doppio del complessivo dei centrocampisti nerazzurri.
Le partite si vincono a centrocampo non è sempre una frase fatta, una banalità che riempia dei discorsi: contro il Sassuolo per l’Inter è stato cosi, anche a causa di alcune scelte nella gestione dei cambi – questa volta sì – difficilmente spiegabili con la razionalità.