La partita contro il PSV è stata tanto difficile da accettare quanto semplice da analizzare. Dopo oltre ventiquattro dall’uscita dell’Inter dalla Champions League, nel giorno dell’annuncio di Beppe Marotta come nuovo membro della società nerazzurra, ci concediamo di rivivere quello che è successo martedì sera a San Siro in ottica del ritorno in campo della squadra di Spalletti, sabato contro l’Udinese. Il match contro gli olandesi è sintetizzabile in un concetto chiave: l’Inter ha sbagliato i tempi della partita. Quando doveva amministrare e gestirsi, ovvero dopo il gol di Lozano, ha attaccato in maniera forsennata e disordinata; dopo il pareggio di Icardi, quando si trattava di portare l’ultimo pressing e cercare a tutti i costi la vittoria, non è riuscita ad accelerare il ritmo e si è impantanata su una miriade di errori individuali, il cui apice è stato toccato dal colpo di testa sbagliato da Lautaro Martinez a pochi passi dalla porta. Ma cosa ha portato l’Inter ad uscire nel modo più beffardo dalla Champions League, dopo un girone più che sufficiente?
Spalletti ha le sue colpe, soprattutto per quanto riguarda ia fase della partita successiva al gol del PSV. Quando c’era da attuare un piano d’emergenza, sembrava non solo non esserci un piano, ma che la squadra fosse totalmente impreparata a quell’eventualità. Strano, visto che nei cinque precedenti europei di questa stagione l’Inter aveva sempre preso gol. E già questo è un dato che di per sé fa riflettere. Ma se i primi minuti Icardi e compagni avevano tolto il respiro al PSV grazie a un pressing alto e una squadra corta, Asamoah pasticcia e crea una situazione di totale svantaggio. È difficile entrare nella testa dei giocatori, per di più di un terzino con grande esperienza in Champions League che – nella partita decisiva – non si accontenta di una delle tre comode linee di passaggio a disposizione ma si ingarbuglia in un dribbling sull’esterno fallimentare, con la squadra totalmente sbilancia perché in fase di transizione offensiva. Di solito i gol hanno una responsabilità collettiva, ma la frittata di Asamoah ha dimensioni gigantesche.
I gol che sbloccano le partita a Milano e al Camp Nou (grazie comunque, Dembelé) fomentano l’Inter che sente un senso d’urgenza, nonostante per raddrizzare la partita ci siano oltre settantacinque minuti. Un’eternità, soprattutto per una squadra a cui ne bastano cinque per ribaltare un risultato. Ma l’Inter incomincia uno sconclusionato assalto a Fort Knox che si concretizza con un palo di Perisic (che palla di Icardi) e con una serie di contropiedi subiti in situazioni assurde, di 3vs3 o di 3vs2 che hanno rischiato di compromettere ulteriormente una partita instabile, pazza.
Inoltre, l’Inter ha incominciato a forzare anche situazioni di pressing, come nel caso che vi proponiamo qui. Brozovic e D’Ambrosio chiudono sull’esterno nella foga di recuperare un pallone, ma Lozano è intelligente nell’appoggiare indietro: al terzino olandese basta poi verticalizzare un triangolo scolastico per trasformare l’azione in un’occasione, visto che la fascia è sguarnita e gli esterni del PSV velocissimi. Un altro sintomo di come il primo tempo dell’Inter sia stato buttato al vento, fra isterismi e confusione tattica.
Un’altra situazione pressoché inspiegabile è legata al lavoro offensivo di Perisic. Sappiamo quali sono i compiti che Spalletti demanda alle sue ali, ma contro una difesa statica e passiva come quella di Van Bommel quello di cui c’era bisogno era allargare quanto più possibile le maglie biancorosse: quello che abbiamo visto a più riprese era invece il numero 44 strettissimo, quasi a calpestare le zolle di Icardi, e una fascia sinistra completamente sgombra di maglie nerazzurre. Un peccato, perché nel secondo tempo Politano ha puntato a più riprese il terzino di competenza e ha creato sempre un mismatch favorevole che poi ha portato al pari di Icardi.
In occasione del gol, infatti, Politano riceve decentrato a destra e – complice la sovrapposizione di D’Ambrosio – ha spazio per puntare nell’uno contro uno. La difesa del PSV è sfilacciata e Keita è bravo a fare volume all’interno dell’area di rigore, dove toglie Dumfries dalla marcatura di Icardi. A quel punto per Maurito è un gioco da ragazzi coronare una partita magnifica con un gol pesantissimo, che sarebbe potuto essere quello della qualificazione: il quarto gol in sei partite. Sì, el segna semper lu.
Icardi ha giocato una partita maestosa soprattutto per come è riuscito a legare il gioco nelle due fasi e per come si è proposto nel dialogo spalle alla porta o sulla trequarti. Nel primo tempo, un break di Brozovic strappa il pallone in uscita della difesa del PSV e lo recapita a Icardi che si muove fra le linee e trova un passaggio incredibile per Perisic.
Icardi è risultato funzionale al gioco della squadra come mai prima d’ora, velocizzando le azioni con tocchi di prima a chiudere triangoli o con movimenti a liberare l’area. Un’altra situazione in cui l’Inter avrebbe potuto fare più male sono i movimenti alle spalle dei difensori: anche qui, Icardi ha dato dimostrazione di come aggirare la linea del PSV. A inizio secondo tempo, si è mosso sul filo del fuorigioco ed è stato pescato da una palla filtrante di Borja Valero: il tiro a incrociare è stato respinto da Zoet, e non è bastato. Inoltre, Maurito è stato l’unico a essere lucido per tutti i novanta minuti. Non ha mai forzato la giocata e ha aspettato il momento giusto per colpire.
Nel secondo tempo, la manovra è stata più fluida e decisa anche perché Perisic ha ricominciato a ricevere il pallone in una posizione più consona alle sue caratteristiche, anche coadiuvato dal fatto che l’entrata di Keita ha bilanciato il peso offensivo della squadra.
Il croato ha avuto modo di stare più largo e di impensierire maggiormente la difesa del PSV, allargandola: e Keita ha fornito l’appoggio necessario a Icardi che ha smesso di essere un uomo contro tutti. Ma non è stato abbastanza e l’Inter è retrocessa in Europa League, dove affronterà l’andata dei sedicesimi di finale senza Milan Skriniar e Marcelo Brozovic, entrambi diffidati e ammoniti.