La partita contro il Cagliari non è stata quella che ci aspettava in casa nerazzurra, non c’è stata la reazione nervosa che ci si attendeva dopo i fatti di Firenze. I giocatori di Spalletti hanno sofferto il ritmo altissimo imposto dagli uomini di Maran nel primo tempo andando in sofferenza per lunghissimi tratti della prima frazione e non riuscendo – nemmeno questa volta – a ribaltare la situazione di svantaggio. E i motivi sono imputabili all’approccio sbagliato da parte dei nerazzurri.
POCA QUALITÀ – Spalletti sembrava aver chiaro in mente come aggirare il pressing preannunciato del Cagliari, lo aveva detto in fase di preparazione alla partita: bisognava gestire bene e molto qualitativamente il pallone, ma non è stato così. Nel primo tempo i sardi hanno tenuto un baricentro altissimo, di ben due metri più alto rispetto all’Inter risultando anche più corti sul campo rispetto ai nerazzurri e – soprattutto – ordinatissimi in fase di non possesso, mentre l’Inter non ha tenuto adeguatamente le posizioni in campo. Questo ha concesso ai cagliaritani di recuperare la palla sempre in posizione avanzatissima escludendo di fatto dalla manovra la mediana nerazzurra. Ma come è stato possibile? Con dei movimenti corretti e coordinati e, soprattutto, con l’intelligenza di João Pedro. Dalla costruzione dal basso il Cagliari, schierato con un 4312 lasciava Pavoletti a pressare i due centrali difensivi dell’Inter e anche Handanovic, mentre João Pedro si abbassava sulla linea di Barella prendendo uno fra Vecino e Brozovic in base alla posizione che essi occupavano in campo; quando l’Inter però allargava il gioco questa disposizione favoriva le uscite in pressing dei sardi; nella fattispecie quando la palla arrivava a D’Ambrosio João Pedro usciva sul terzino con la mezz’ala di parte che scalava immediatamente su Vecino costringendo i nerazzurri a verticalizzazioni improvvise e affidate a giocatori non congrui all’impostazione.
Spalletti ha provato a dare continuità a Vecino in campo, ma l’uruguaiano non è stato sui livelli attesi né a livello qualitativo né al livello fisico e questo – unito a un Brozovic sempre preso dal pressing avversario – ha concesso il pallino del gioco al Cagliari. Un centrocampo interamente dedicato alla qualità, magari con l’inserimento di Borja Valero sin dal primo minuto o di João Mario o di entrambi avrebbe potuto ridurre queste situazioni perché il livello di gestione del pallone dei due è sicuramente migliore di quello di Vecino e non avrebbe costretto Nainggolan a scendere nella propria metà campo a far ripartire la manovra togliendolo dalla zona conclusiva del campo.
ALI SPEZZATE – La conseguenza indiretta di questa prima frazione e della pressione sarda è stata l’esclusione dal gioco i entrambe le fasi degli esterni offensivi nerazzurri, sia Perišić che Politano. La palla non uscendo velocemente dalle retrovie non sono mai arrivate in maniera pulita sui due esterni che si sono esiliati ed estraniati dal gioco per lunghi tratti, sia in fase offensiva – scarna per i nerazzurri nella prima frazione – e soprattutto in fase difensiva. La loro esclusione dalla fase di non possesso è strettamente collegata alla manovra del Cagliari e di come è stata impostata: quando la palla veniva recuperata altissima sia Perišić che Politano avevano l’unico compito di tornare nuovamente nella propria metà campo, quando il Cagliari ripartiva dal basso loro venivano totalmente saltati perché Cragno e i due centrali cercavano Pavoletti trovandolo quasi sempre (il centravanti del Cagliari ha vinto il 70% dei 13 duelli aerei disputati) e generando situazioni di gioco rotto con le mezze ali in grado di prendere molto campo davanti a loro e – grazie soprattutto a Srna sulla destra – di mandare in inferiorità numerica i nerazzurri, spaccati a seguito del rinvio lungo del Cagliari.
NARRAZIONE ERRATA – Nel secondo tempo l’Inter si è risistemata meglio in campo, grazie anche all’abbassamento del baricentro del Cagliari e, conseguentemente, del ritmo della gara. Un altro fattore che ha cambiato la gara è stato l’ingresso (tardivo) di Borja Valero che ha portato quella qualità in palleggio necessaria a evitare e a sfidare la pressione sarda. Nella ripresa l’Inter ha avuto almeno due palle gol nitide che però non sono state sfruttate. Il match della Sardegna Arena è stato il classico caso di “un tempo a testa” anche dal punto di vista della potenziale produzione offensiva: la sola differenza è nel cinismo. Gli uomini di Maran hanno chiuso (dati UnderStat) il primo tempo con 1.74 xG, mentre l’Inter con un misero 0.40 quasi interamente riconducibile a Lautaro Martinez; nella ripresa i dati si sono capovolti i dati poiché i sardi hanno prodotto – escludendo il rigore – 0.14 xG (una conclusione di Pavoletti al 55° minuto), mentre l’Inter ha raccolto 1.68 xG fra cui le occasioni di Vecino e Politano al 54° che insieme superano il potenziale di realizzazione di un calcio di rigore. L’Inter ha faticato molto nella prima frazione, meno nel secondo tempo quando avrebbe meritato ampiamente il pareggio prima del rigore nel finale – comunque sbagliato da Barella -. Ma la vera narrazione sbagliata di questa gara arriverà dagli ambienti vicini – o che mirano a esserlo – a Mauro Icardi: l’Inter non deve preoccuparsi se subentra Ranocchia nel finale (inserire Colidio sarebbe equivalso a mandarlo al patibolo dato che le sue caratteristiche sarebbero state inutili nel finale), ma del fatto che questa squadra se pressata con continuità esce completamente dal gioco e quindi serve innanzitutto risolvere questa situazione in mediana perché anche nei primi minuti di Firenze la posizione di Gerson e l’altezza delle mezze ali viola hanno fatto faticare Vecino e Brozovic. Urgono soluzioni in tal senso, ancor prima che in attacco dove – comunque – l’Inter ha segnato 11 reti in questo periodo complicato, lo stesso numero di gol delle ultime 9 partite con Icardi in campo, inclusi i sei al Benevento.